Valle, aspra libertà
>> domenica 15 febbraio 2009
Per me era “casa” ............ libertà, rifugio, fuga, isola ..
C'andavo dopo la scuola, c'andavo il sabato e la domenica, c'andavo col sole d'agosto o con la bora, con la pioggia o con la neve. C'andavo per star sola o con gli amici, per “ritrovarmi” o per divertirmi.
Era fiato e respiro (e mi succede ancora), dopo il primo tratto di sentiero, con la salita che in quel tempo era irta di sassi appuntiti, quando, alla svolta, sembrava di esserle arrivati nel cuore.
Un cuore aspro, scosceso, dove nulla è gratuito e dove niente culla o consola. Nessun panorama rilassante, nessun prato accogliente sul quale distendersi, nessun declivio morbido sul quale perdere lo sguardo.
E' una ferita aspra, la valle e ci sbatti contro quel paesaggio brullo e crudo nel quale nulla è gratuito o concesso: a destra il crinale con il Cippo Comici 1, sotto la chiesetta di Santa Maria in Siaris e il lunghissimo ghiaione che scende fino a sommergere il sentiero e che continua fino in fondo, nel torrente Rosandra. che per noi è "il fiume”.
Da quell'incassato corso d'acqua si alza la riva sinistra, incombente con le sue rocce a strapiombo con pochi pericolosi ghiaioni. Lungo il fiume, il laghetto delle Sirene (laghetto ... pozza, và!) con la cascata che gli cade dentro: 35 metri di salto, non pochi davvero. Ci si andava d'estate a fare il bagno (sempre terrificantemente gelida, l'acqua!), ma non lo si abbandonava neppure nelle altre stagioni.
Come si può amare un luogo così poco ospitale? Eppure ... eppure per me, e per moltissimi altri, “lei” era sempre lì ad accogliermi bruscamente, sferzandomi magari con i refoli della sua bora, con le sue acque gelide in un bagno non voluto, con i suoi sassi che “m'insegnavamo l'educazione” come un maestro severo, mentre le correvo addosso lungo quel ghiaione senza fine eppure brevissimo, scavalcando d'un balzo il sentiero, più veloce (speravo!) delle pietre che mi franavano sotto i piedi, saltando e zigzagando fino ad atterrare sulle rocce solide a bordo fiume... con le gambe che continuavano a tremare ancora per qualche istante e le scarpe piene di sassi.
Mi aspettava, “lei”, lungo la “via del fiume”, più bonaria questa volta visto che come unica punizione ci poteva essere un capitombolo da poche decine di centimetri d'altezza e .. un bagno non programmato. Chi la dettava la regola imperativa del “mai deviare”? Lei stessa o noi, in una sfida colma (sempre e comunque) di rispetto? Mai deviare, seguire il percorso del Rosandra a qualsiasi costo, cercando un varco tra la vegetazione fitta a valle della sorgente, oppure disegnando complicati passaggi sulle rocce più a monte, zompettando come capre in libertà sui sassi lisci che a tratti le fanno da letto o costeggiando pozze dai colori incredibili.
Mi accoglieva, di solito, al rifugio Premuda (il più basso d'Italia, con i suoi 82 metri sul livello del mare), subito dopo San Dorligo della Valle, e da lì si partiva.
A volte verso il Crinale, dove c'era sempre qualcuno che arrampicava o, all'inizio della bella stagione, “si faceva le dita” per affrontare una nuova stagione di roccia; altre volte semplicemente verso Botazzo, il paesotto di quattro case quattro “sul” confine con quella che era Yugoslavia (oggi Slovenia) e le sue guardie titine dai lunghi pastrani, per poi risalire verso la vecchia ferrovia (costruita nel 1841 dall'Impero Austrungarico per collegare Trieste a Vienna ed a Lubiana); altre volte si puntava alla chiesetta e poi giù, a rotta di collo, fino al fiume.
Il Rosandra nasce poco oltre, in territorio sloveno, a 412 metri d'altitudine ed è l'unico torrente di superficie di Trieste, grazie al letto impermeabile sul quale scorre fino al salto della cascata.
Io (assieme a tutti quegli adolescenti o poco più che l'amavano) non lo sapevo, ma la Valle è davvero un mondo a sé stante! Dopo quel salto di 35 metri il clima da continentale subalpino diventa improvvisamente mediterraneo e, grazie anche all'azione della bora che in questa ferita s'incanala violentemente prima di arrivare in città, si possono riscontrare differenze di temperatura anche di 10°C alla medesima altitudine.
L'influenza sull'habitat è inevitabile: qui si trovano piante alpine e mediterranee scomparse con le glaciazioni dai territori adiacenti e specie di animali acquatici, anfibi o rettili introvabili in altre zone. Bellissimi, i ramarri o i rospi che ho avuto la fortuna di conoscere da quelle parti!
E con le particolarità siamo ancora all'inizio!
Ad incanalare queste acque i Romani costruirono il primo acquedotto di Trieste, nel I sec. d.C., ma per quanto inospitali e brulli, questi luoghi hanno accolto l'uomo del Neolitico e all'età del ferro risalgono i due castellieri 2 sul Monte S. Michele e sul Monte Carso.... E me ne rendo conto solo ora, scrivendo e raccogliendo notizie, di dove ho razzolato, nella mia adolescenza! Le grotte sul lato destro della valle, quelle che a noi servivano per far bivacco o per difenderci da un acquazzone improvviso, per cucinarci le salsicce su un fuoco mentre qualcuno suonava una chitarra, erano servite da rifugio a viaggiatori dell'antichità, o ai commercianti di sale che veniva raccolto nelle saline alla foce del torrente fino al tardo Medio Evo. Il sale: fonte di ricchezza e di scontri secolari con Venezia e che, alla fine, portarono i triestini a rifugiarsi nella sottomissione all'Austria.
Cos'ha visto, questo canalone, prima di sbucciarmi le ginocchia con i suoi sassi o di rassicurarmi di notte, sulla via del ritorno, col canto del gufo reale?
E' vero che Santa Maria in Siaris la volle Carlo Magno, nel 1200, per poterci riposare quando la sua ora fosse giunta? Mi sa che questa sia un'affascinante leggenda, certo è che quella chiesetta impossibile risale davvero al 1200, meta dei bestemmiatori penitenti, secondo lo statuto dell'anno 1330 della Confraternita dei Battuti, costretti a raggiungerla scalzi: il punto di partenza era il Monastero, distante 12 km!
Dal 1996 la Val Rosandra è Riserva Naturale. A salvaguardia di ogni pianta, di ogni sasso che è rotolato e che rotolerà, di ogni grotta e dei suoi abitanti, dei gheppi che hanno sempre solcato il suo cielo, dei falchi pellegrini che sono tornati a solcarlo, dei gufi reali che accompagnavano i nostri passi nella notte, della chiesetta e dei bestemmiatori scalzi, della via del sale e dei refoli di bora che ti costringono ad accucciarti ed aspettare che cessino. A salvaguardia (spero!) anche di tutti gli adolescenti o poco più che, ignorando quanti e quali passi hanno percorso questi sentieri, continueranno a sentirsi a “casa”.
1. Il Cippo venne eretto nel 1941 in memoria di Emilio Comici (Trieste 1901 - Selva di Val Gardena 1940), grande esponente dell'alpinismo italiano e considerato un esteta dell'arrampicata.
2. Insediamento fortificato dell'età del bronzo e del ferro, situato in posizione elevata in modo da essere facilmente difendibile. All'esterno dell'insediamento di solito sorgevano delle necropoli. Questo tipo di struttura è comune in Friuli Venezia Giulia (e nell'adiacente Istria) ed Umbria.