Il caffé San Marco

>> sabato 29 novembre 2008

Il novecento nascosto




Se non sei di Trieste e ci passi davanti non ci fai neppure caso, tanto è anonimo. Potrebbe sembrare un magazzino o una vecchia bottega artigiana come ce ne sono tante negli angoli dispersi delle città. Vecchie porte in legno a vetri con delle mezze tendine, tendoni una volta rossi, ma sbiaditi dalla luce. Anche l’insegna non ti aiuta, posta com’è sull’angolo del palazzo, di quelle insegne al neon tanto anni sessanta, visibilissime di notte, ma pressoché indistinte di giorno. Ma appena ne varchi la soglia è come se accendessi un lume a petrolio e venissi scaraventato indietro nel tempo. Atmosfera soffusa, tavolini di marmo e ghisa, legni scuri ovunque, specchi, stucchi, seggiole di quelle di una volta dalla seduta segnata, drappi e ottoni. Viene quasi il gesto istintivo di tirar fuori l’orologio dal taschino per controllare l’ora.



E’ il Caffé San Marco al n. 18 di Corsia Stadion, oggi via Battisti, locale storico tra i più affascinanti di Trieste.



E’ il 3 gennaio del 1914 quando, al pianterreno di un edificio di proprietà delle Assicurazioni Generali, edificato due anni prima, Marco Lovrinovich, già direttore della trattoria di Roiano “Ai dodici Moreri“ , inaugura il Caffé San Marco.



Istriano di sentimenti italiani, Lovrinovich , era profondamente legato a Venezia e questo legame si arguisce dall’effige del Leone di San Marco che si trova un po’ ovunque: sui lampadari, sulle suppellettili, sui mobili, nelle zampe delle sedie. Tutti chiari riferimenti all’italianità. Non a caso, la direzione dei lavori fu affidata a Napoleone Cozzi (1867-1916), pittore, scrittore, alpinista, ma soprattutto irredentista convinto e le decorazioni sui soffitti, le foglie di caffé e i fiori, e sulle pareti sono attribuite a vari artisti relativamente celebri, come il pittore secessionista Vito Timmel (1886-1949), anch'egli assiduo frequentatore del caffé. Le decorazioni dei medaglioni alle pareti sono nudi maschili (metafore dei fiumi friulani) opera pare del Cozzi e di Ugo Flumiani (1876-1938).



Travagliatissima la sua storia sin dagli esordi, osteggiato dal Consorzio Triestino tra Caffettieri, che, pur di bloccare Lovrinovich1 si era rivolto, invano, all'autorità asburgica locale. Qualche problema lo ebbe anche per via del nome con quel richiamo diretto a Venezia e all’Italia e il Lovrinovich dovette spiegare con arguzia al sospettoso consigliere della Luogotenenza: "Sior, la sa ben che me ciamo Marco, e me par ben intitolar el mio caffè al nome del mio Santo".




Il San Marco, sorto là dove un tempo c'era la Latteria Centrale Trifolium, una latteria con tanto di stalla per le mucche, divenne subito ritrovo di giovani studenti e intellettuali.



Tra i primi a frequentare il locale furono gli scrittori Silvio Enea Benco (1874–1949), Scipio Slataper (1888–1915), Giani Stuparich (1891-1961).



Forse per la posizione leggermente defilata dal centro vitale di Trieste, il Caffé San Marco divenne ben presto luogo di incontro dei giovani irredentisti triestini i cui padri si trovavano invece da parte loro erano soliti riunirsi al Caffé Tommaseo.



L’ irredentismo, per chi ama la storia come il trapano del dentista, era un vasto movimento d'opinione sorto in Italia a causa degli esiti della terza guerra d'indipendenza (1866) che aveva lasciato sotto il controllo dell'Austria il Trentino, il Friuli e la Venezia Giulia. Gli irredentisti, favorevoli a creare le condizioni politiche e militari per il ricongiungimento di queste terre all’Italia, incarnavano quel senso comune popolare di ostilità agli Imperi centrali e sostenitore del completamento dell’Unità nazionale. Convivevano in queste Terre due anime, quella filo-austriaca e quella irredentista con lotte spesso molto aspre.



I giovani irredentisti triestini fecero del Caffé San Marco un centro di discussione, di organizzazione e di azione e in quella sala si preparavano anche i passaporti falsi per permettere la fuga in Italia di patrioti antiaustriaci.



Il pomeriggio del 23 maggio 1915 venne data la notizia della dichiarazione di guerra da parte dell’Italia all’Austria-Ungheria.



“Entravano, facevano bottino delle paste, dei liquori e delle argenterie. Poi mandavano in frantumi tavoli e specchi. Infine mettevano in azione il petrolio, la benzina e le vampe". Così un cronista dell’epoca ricorda  la furia distruttrice che i gruppi anti-italiani scatenarono contro numerosi caffé, tradizionali ritrovi degli irredentisti, quel pomeriggio del 23 maggio 1915 a Trieste.



"Arsero completamente il caffé Fabris ed il caffé Portici di Chiozza: in quest’ultimo la distruzione fu così integrale che all’indomani, nell’atrio carbonizzato, non si trovò che il contorto scheletro di ferro di qualche seggiola. Devastazioni gravissime subirono anche il caffé Milano, il caffé San Marco, il caffé Edison. Il proprietario del caffé Stella Polare dovette difendere da sé il suo esercizio accerchiato da una masnada avida di rapina".






Dopo meno di 17 mesi dall’inaugurazione, il Caffé San Marco, già fatto a pezzi dalla furia anti-italiana, venne sigillato e chiuso dall’esercito austro-ungarico.



Lo stesso Lovrinovich, in seguito, venne incarcerato a Liebenau, in Austria, perché si era causato volontariamente il tracoma2 con una soluzione batterica, allo scopo di non andare a servire nell'esercito austro-ungarico nella guerra contro l’Italia.



Da quel momento del Lovrinovich si persero le tracce e infatti il Caffé San Marco non riaprì neppure al termine del conflitto. Dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino al termine della Seconda, il Caffé San Marco, come il palazzo che lo ospitava, giacque in uno stato di completo disinteresse.






Agli inizi degli anni cinquanta, le Assicurazioni Generali, proprietarie dell’edificio, cominciarono una serie di restauri sia sulla facciata che sugli interni del palazzo.



Il Caffè San Marco riaprì in sordina, nei primi anni del secondo dopoguerra ospitò per un certo periodo la Società Scacchistica Triestina, con quella particolare disposizione dei tavoli assolutamente perfetta per gli amanti di questo gioco.


Nel 1962 vi furono girate alcune scene del film “Senilità” tratto dall’omonimo romanzo di Italo Svevo con la regia di Mauro Bolognini, protagonisti, tra gli altri Claudia Cardinale, Philippe Leroy e Anthony Franciosa.



Negli anni che seguirono, per via di alcune gestioni fallimentari, rischiò di scomparire più di una volta. Lo salvarono prima una cordata di artisti ed intellettuali che avevano formato una cooperativa e poi l' intervento di Marchino Zanetti, produttore del caffè Hausbrandt.





L’ultima riapertura avvenne il 16 giugno 1997 e l’attività prosegue tuttora con l'immutato e suggestivo aspetto di sempre.



Gli schiamazzi non entrano al Caffe San Marco, nonostante i tavolini affollati e le animate discussioni. Questo rifugio liberty, caldo, protettivo oggi è frequentato da chi cerca un posto dove estraniarsi, leggere un libro, pensare, conversare pacatamente, ma anche da studenti che in quella atmosfera silenziosa riescono a cogliere la giusta concentrazione.



E tra i normali avventori di oggi si possono incontrare anche Stelio Vinci che al Caffè San Marco ha dedicato un intero volume “Al Caffè San Marco, Storia Arte e Lettere di un caffè triestino” (Edizioni Lint, Trieste - 1995), ma soprattutto Claudio Magris che gli ha dedicato un capitolo in “Microcosmi” (Edizioni Garzanti – 1997), vincitore del Premio Strega.



Sfilato l’orologio dal taschino ci si accorge che si è fatto tardi, occorre andare.



Un consiglio. Attraversata la soglia, riabituatevi un attimo alla luce ed al frastuono. E prima di attraversare la strada ricordatevi che oggi i padroni della città sono i veicoli e non i pedoni.



Un’ultima occhiata al cronografo da polso multifunzione e bentornati nel 2008.









1. Marco Lovrinivich per altre fonti.


2. Il tracoma è una infezione batterica della congiuntiva e della cornea dal decorso molto doloroso che, se non curata, porta alla completa cecità.















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